La Memoria Tardiva

È difficile comprendere il razionale della tempistica delle dichiarazioni di Amato sulla strage di Ustica. Non si capisce quale serie di eventi abbia fatto scattare questa decisione che ho difficoltà a considerare un atto di buona volontà personale.
Nessuno ha mai escluso veramente questa ipotesi, tanto è vero che nonostante anni di indagini non si è mai giunti a una sorta di verità giudiziaria e la dinamica del disastro è rimasta soggetta alle più varie interpretazioni.
Non ho elementi per avvalorare o meno queste dichiarazioni di Amato. Persone più competenti e informate di me forniranno opinioni più autorevoli. Sarò felice se si arriverà a una conclusione della vicenda anche e soprattutto per il rispetto di vittime e congiunti.
Questo non mi impedisce di pensare che certe affermazioni potevano essere fatte molto prima, quando era il momento.
Non ho mai avuto stima di questo signore che mi è inviso per i suoi atteggiamenti politici subdoli. Questo passaggio non fa che confermarmi nella mia opinione.
E poi, una volta fatta una doverosa osservazione sulle tempistiche delle dichiarazioni di Amato sul disastro di Ustica, vengono spontanee delle domande:
Sulla base di quali evidenze si rilascia una dichiarazione così grave? Esistono documenti, testimonianze, registrazioni ignote a supporto della versione? E se esistono, sono coperte da segreto o sono circolabili? E se sono coperte da segreto, perché Amato viene meno alla consegna? E se sono circolabili, perché non sono state messe a disposizione subito delle autorità per dare prova definitiva dei fatti?
Oppure quello che riferisce Amato è un sentito dire, una confidenza di cui non può citare la fonte, un’ ipotesi di suo cugino, una sua visione extrasensoriale, un rivelazione dello Spirito Santo?
Perché in questo secondo caso, escluse evidenze e testimonianze, si tratterebbe dell’ennesima dichiarazione fatta per fini opinabili, la cui unica finalità sarà quella di creare ulteriore caos a beneficio di quei soggetti che sono così con l’acqua alla gola dal dover ricorrere a questi sistemi per boccaloni ben certi che troveranno ampio seguito nella generale deficienza di spirito critico di gente comune e commentatori.
Ora è tempo di chiarire tempistiche e fonti. Se no è solo una pagliacciata.

La Sottile Linea Russa

E adesso cosa sarà di Putin? Micidiale liquidatore degli oppositori o misero pupazzo in balia degli apparati?
E in futuro, se non tra i protagonisti degli innumerevoli G8/G20 come sarà accolto dagli altri memebri del Brics??
Ma torniamo al presente.
Prigozhin alla fine con i suoi sfoghi sul canale telegram e le foto delle parrucche risultava pittoresco, quasi perfino simpatico, ma ciò non toglie ch fosse una carogna infinita e un sanguinario criminale di cui si farà veramente difficoltà a sentire la mancanza. Molti avranno visto nella versione moscovita del decreto svuota-carceri una misura di civiltà, mandare i galeotti al fronte a morire invece dei russi bravi e onesti, ma io per sensibilità personale credo che un qualsiasi gruppo sociale si possa giudicare proprio da come tratta gli ultimi. E’ vero per gli homeless a San Francisco, è vero per i galeotti dell’inferno delle carceri russe, mandati poi come topi a morire a migliaia per Bakhmut, senza armi e preparazione
Insomma Prigozhin era quello che era: un criminale e non faceva molto per nasconderlo, nonostante provasse a redimersi con un po’ di nazionalismo “servo gli interessi della Russia”. Ma al Cremlino dovrebbe sedere un capo di Stato, Vladimir Putin. Poteva arrestare e processare Prigozhin, sarebbe stato suo pieno diritto Ovviamente il verdetto sarebbe stato pilotato se non peggio, ma uno Stato non dovrebbe commettere omicidi extragiudiziali nel proprio territorio, o almeno dovrebbe preoccuparsi di salvare le apparenze.
Ma la Russia di Putin ha ormai gettato ogni maschera e perso ogni ritegno. Il regolamento di conti mafioso o il salto della finestra è il modo con il quale lo stato regola le proprie controversie. Putin ieri avrebbe dovuto essere in Sudafrica, che mani avrebbero stretto gli altri capi di stato, rappresentanti dei popoli cinese, indiano, brasiliano e sudafricano? Le mani di un mafioso sporche di sangue? Putin non è più il Presidente della Federazione Russa, ma il Padrino di tutte le Russie.
Certo, anche gli uomini di stato commettono violenze, spesso ancora più atroci: ma non lo fanno così. Così si comportano i boss della mafia. Mi si dirà che è una differenza formale, ma io la trovo sostanziale: non è violenza di stato, è proprio violenza di strada, criminale, sono regolamenti di conti.
Quando diciamo che Zelensky dovrebbe incontrare Putin per trattare, dobbiamo renderci conto che si tratterebbe di un incontro gestito esattamente come il caso Prigozhin. Le probabilità che Zelensky sia ucciso dai malavitosi che si sono impossessati dello Stato Russo sono altissime. Le trattative – sempre auspicabili per carità – avverrebbero però con questa gente, letteralmente mafiosi che riconoscono solo la legge della sopraffazione, della violenza fisica, e della vendetta personale.

Pensatori ma Razzisti

Dimenticando sempre volutamente chi lancia le bombe e chi le subisce, chi è invasori e chi ha invaso esistono anche quelli in cui prevale “è colpa della NATO” che maschera un sordido razzismo di fondo.
Per certi esimi commentatori esistono nazioni di serie A e di serie B, popoli nati per guidare e popoli nati per essere guidati, leader potenti e comparse assurte a fantoccio di qualcun altro. I primi hanno diritto a decidere del proprio destino, i secondi sono mere espressioni geografiche, terreni di gioco del grande Risiko globale.
I popoli di serie A esprimono la propria libera volontà e possono aspirare ai vantaggi della democrazia, quelli di serie B non sono ancora in grado di decidere per sé e possono aspirare al massimo al pane in tavola.
Per costoro l’Ucraina, “terra di mezzo” per eccellenza, è abitata da genti di tipo B.
Gli ucraini non si sa bene cosa siano: parlano russo ma “fingono” di avere una lingua loro, vivono in città progettate a San Pietroburgo e a Mosca, e non fosse stato per zar e i sovietici sarebbero rimasti degli zappaterra. Un popolo bambino, o forse adolescente, dato come si ribella a Grande Madre Russia.
Ai loro occhi Zelensky è un ingenuo Pinocchio: strafottente imprudente e credulone, incappato in un Mangiafuoco chiamato America. Sullo sfondo dei suoi drammatici video appelli, vedono l’ombra dello Zio Sam che se la ride.
Non negano i milioni di morti dell’Holodomor, o la secolare soppressione di lingua e cultura ucraine.

Ma suvvia, anche gli europei nella loro missione civilizzatrice hanno compiuto massacri.
E’ lo stesso paternalismo, guardacaso, dei discorsi putiniani sul “popolo fratello”.
Kyiv andrebbe ora ricondotta alla ragione. Deve capire il suo posto nel mondo, che è quello di uno stato cuscinetto, uno stato lubrificante nell’attrito tra grandi potenze.
I cori pro-Europa di Maidan, l’inno cantato nella metro di Kharkiv sotto le bombe, gli “Slava Ukraini” ripetuti come un saluto da questo “popolo fattosi esercito”, ai nostri esperti arrivano silenziati: rumore di fondo nel clangore dello scontro fra Titani. Fateci caso, nelle loro analisi gli ucraini non esistono!
Noialtri siamo gente molto basica, ma l’Ucraina potremmo averla studiata in lungo e in largo, senza la pretesa di capirla, ma forse con l’umiltà di ascoltarla.
Abbiamo visto invece che si tratta di gente forte, ottimista, solidale, pratica, gentile, aperta. Hanno idee chiare sul loro senso naizonale e volontà di ferro.
Conoscono il “Russkiy Mir” come nessun altro e combatteranno fino all’ultimo uomo per non finirci un’altra volta dentro.
Se questa è la Terra di mezzo beh loro sono gli hobbit e Mosca è Mordor. Infatti i soldati di Putin qui li chiamano “orchi”. (I luminari di cui sopra perdonino il basso livello della citazione).

I segni della storia

Voglio fare una riflessione su quello che ritengo sia il reale significato della visita di Biden a Kiev. Un evento che avrà richiesto uno sforzo organizzativo così rilevante da non potersi considerare solo un importante atto di sostegno e incoraggiamento. C’è l’affermazione di una scelta di campo netta e definitiva che però, sempre secondo me, non garantisce un appoggio incondizionato a qualsiasi costo e duraturo nel tempo.
Per il viaggio del presidente americano in una zona di guerra (cosa mai avvenuta nella storia americana) sarà sicuramente stata necessaria una sorta di tregua concordata tra USA e Russia per evitare incidenti gravissimi, perché non dimentichiamo che il controllo dei cieli ucraini è appannaggio delle forze aeree di Mosca e non bastano gli scudi antimissile come garanzia.
Per cui siamo di fronte a una specie di tregua, che i russi avranno agevolato immaginando di ricevere una sorta di contropartita, almeno in termini di persuasione, per avvicinare le parti a una soluzione.
Questo svela un nuovo scenario, laddove la Cina di Xi non è poi quel partner privilegiato che Putin vorrebbe far credere, anche se sono indubbi gli sforzi di Pechino per un cessate il fuoco. Qui apro una piccola parentesi: la ripresa della guerra su larga scala e il maggiore coinvolgimento di tutti a vario titolo, non agevola l’economia mondiale di cui la Cina è locomotiva trainante.
Tornando al nocciolo, mentre si rifornisce di danaro e mezzi, insomma, si discute e si tratta. Dissuasione e diplomazia agiscono insieme, bastone e carota, minacce e mani tese insieme. Ed è il modo giusto per procedere, senza invocare soluzioni teoriche e celesti ispirate dallo Spirito Santo. Questo è un mondo difficile, dove molti spesso si vestono di belle parole per nascondere il vuoto delle loro idee (e qui non mi dilungo perché quelli che parlano di questo sono come quei vecchietti che a bordo cantiere saprebbero fare più degli ingegneri).
Per arrivare in fondo, serve sempre sporcarsi le mani.
Per meglio far capire il concetto di tregua intercorsa basti pensare che la delegazione di Obama per conferenza internazionale in Olanda, ha impegnato 3/4 dei servizi di sicurezza americani con vari cerchi di inaccessibilità attorno al presidente.
Tutto si muove secondo una logica, e la strada è quella della pace. Ma non come vorrebbero alcuni patrioti che alla maniera di Enrique Balbontin vorrebbero “fare i finocchi con il culo degli altri”

Il Ballo dell’Orso

“Russian occupants systematically raped 25 Ukrainian girls, aged 14-24, in Bucha. 9 are now pregnant. This is not war – this is crime.
We have the right to protest for Art. 31 Russian Constitution.”

A prescindere dalla campagna elettorale e dal periodo vacanziero, alle porte di casa nostra, in Ucraina, continua a esserci una guerra.
Non ho la capacità e le conoscenze geopolitiche e militari ma semplicemente esprimo una personale opinione.
Iniziata l’invasione con lo scopo di finire il lavoro nel giro di 2 settimane, i russi si sono arenati e hanno perso l’iniziativa dopo pochi giorni insistendo bovinamente e perdendo uomini e mezzi fino al primo stop dell’avanzata. Da quel momento in poi è stato tutto un ridefinire gli obiettivi spostando l’asse dei combattimenti a Sud Est, sperando che fosse più semplice ingoiare il boccone dalla coda invece che dalla testa. Una strategia di guerra reinventata giornalmente dopo che perfino dopo la presa dell’acciaieria Azovstal, non è emerso niente di tutto quello che alcuni beoti nostrani sostenevano: no agenti Cia, no militari Nato, nessun laboratorio chimico, nessun deposito di armi batteriologiche, nessun alieno, nemmeno le Tartarughe Ninjia. Invero però c’è la strage di mezzi corazzati e aeromobili con la Z, che ha dimostrato quanto TUTTI si abbia sottovalutato l’impatto di droni e missili terra-terra in un combattimento convenzionale.
Nonostante il terreno conquistato,  i russi hanno subito ingenti perdite in uomini, mezzi e tempo, sicuramente non commisurati ai risultati sperati e hanno spostato il baricentro dei combattimenti in un quadrante idoneo all’utilizzo dell’artiglieria semovente che assieme ai droni, è diventata l’altra protagonista. Nonostante ciò però l’offensiva russa è stata fermata, le retrovie indebolite e ora la situazione è di stallo.
Anzi, a voler essere precisi, in questo momento la bilancia pende leggermente a favore dell’Ucraina che sta attaccando anche in Crimea.
Ergo,  non ci vuole un genio per rendersi conto e prendere atto del grande flop e del sostanziale ridimensionamento della Russia a livello militare, di autorevolezza e di riferimento internazionale. Anzi, in termini di combattimento convenzionale, i paesi confinanti e tradizionalmente intimoriti dalla macchina militare russa, stanno utilizzando l’esperienza ucraina per riposizionarsi militarmente e politicamente con meno timore e più arroganza. 
Per il futuro l’unica speranza di Mosca è agganciata alla Cina come potenziale mercato alternativo e come possibile protagonista di negoziati di pace,  ma dubito che Xi Jinping rompa l’atavica indifferenza cinese senza nessuna contropartita.
E Putin non hanno niente da offrire,  a patto di svendere gas e petrolio con conseguenze ancor più nefaste per l’economia russa e il proseguo della guerra. Perché è vero che l’Europa non può fare a meno della Russia,  ma neppure la Russia del mercato europeo.

La Pace come necessità

Sempre riguardo alla guerra in Ucraina, il timore è che, per come si sta declinando questo scontro, ormai la mediazione internazionale per la pace è oggettivamente inefficace. Troppo scorno da parte russa per la condotta dilettantistica della campagna. Livore degli ucraini, per stragi, stupri e bombardamenti. Il conflitto, insomma, ha assunto un carattere di “questione personale”, molto simile alla degenerazione emotiva che caratterizza le guerre civili dove, molto spesso, l’odio e il desiderio di vendetta, tendono a influenzare la condotta bellica più della razionalità. In questo contesto, la comunità internazionale può spingere alla trattativa, più che definirne i termini. Termini che devono essere metabolizzati dalle parti prima di essere discussi con qualche probabilità di raggiungere un accordo, visto che la guerra è ancora in bilico.
Per questo, tenendo ben presente chi è l’aggressore e chi l’aggredito, l’azione dell’occidente deve continuare nei termini già stabiliti. Sanzioni alla russia, possibilmente sempre più efficaci, e sostegno logistico e umanitario all’Ucraina.
Ed è questo 2° punto il più complesso da gestire.
Bisogna dire con chiarezza che questo sostegno non è e non deve essere incondizionato. Pensare di ristabilire anche solo una situazione ante 24 febbraio è irrealistico.
La situazione ora è tale che una sconfitta totale della russia, risulterebbe largamente controproducente. La vita non è un esercizio teorico dove i principi prevalgono sulla realtà. Ogni uomo di potere sa bene che il destino può essere forzato solo fino a un certo punto.
Il compromesso è lo strumento che ci consente di raggiungere risultati accettabili evitando di rincorrere inutilmente obiettivi irrealizzabili. Una soluzione, pur parziale o imperfetta, va raggiunta nel più breve tempo possibile perché la guerra non conviene a nessuno.
Kiev deve sapere che può contare sul nostro appoggio, ora e in futuro, ma che questo appoggio punta alla pace e non alla continuazione della guerra o alla sconfitta militare della russia. Il sostegno andrà modulato secondo questa condizione, con tutte le difficoltà del caso.
L’occidente non è in guerra con la russia,è la russia a essere in guerra con sé stessa.
Una nuova russia sarà possibile solo se la vorranno i russi. È stato il tentativo di imporre un modello sociale a causare questa guerra,non va fatto lo stesso errore in nome della pace.
Noi possiamo facilitare il cambiamento, ma non imporlo. È chiaro e pacifico che i debiti andranno saldati, i delitti contro i civili puniti severamente, viceversa nessun nuovo corso sarà credibile, ma il futuro dovrà essere di pace e collaborazione.

Siamo in una sorta di stallo alla messicana, laddove i russi non vogliono perdere (soprattutto la faccia) e dove l’Ucraina sogna di vincere.
Ovvio che una guerra lunga e di logoramento non conviene a nessuno degli attori in scena.
Non ai russi che, al netto del crollo del PIL, non possono permettersi di rimanere isolati nella comunità internazionale per cui potrebbero accontentarsi di Crimea e di una sorta di sovranità condivisa su Donbass. Non agli ucraini che non potranno contare su perenni aiuti internazionali e anche loro poi dovranno fare i conti con la recessione che la guerra porterà in dote. Non agli europei, che non possono staccarsi dal cordone ombelicale russo dell’energia in virtù del mercato globale. Non ultimo non conviene agli americani che non possono foraggiare uno Stato in cui non potranno mettere piede con reparti di armi e aviazione per non irretire non tanto la Russia ma la Cina che potrebbe ritenersi libera di fare lo stesso nei paesi est asiatici.

Questo, nell’interesse di tutti.

The bad sanctions on Russia

A few thoughts about Western sanctions on Russia.
1. I think these sanctions are far more effective than commonly understood. The impact of the financial sanctions is obvious, likely to shave off 10% of GDP this year.
2. But the import sanctions are likely to be as effective & their effect will grow over time as production stops because of the absence of inputs. They could cut Russia’s GDP by another 10% to a total decline of 20% this year.
3. Western sanctions are undermining Russia’s infrastructure. Ericsson & Nokia have withdrawn & therefore also Huawei, undermining mobile networks. Siemens has withdrawn, hurting Russian railways. The 3 big oil service companies are leaving, impeding oil developments.
4. The really big sanction is of foreign insurance without which little can be done. Even without sanctions, risk-averse insurance companies are fleeing the market. Without insurance, little shipping or other transportation. Russia’s situation looks worse than Iran’s.
5. The UK, which seems most professional in its sanctions, has now sanctioned Putin’s lady Kabaeva & his four cousins who hold money for him. High time for the US & the EU to follow! According to WSJ, the NSC (=Jake Sullivan) vetoed the US sanctioning of Kabaeva. Absurd.

prof. Anders Aslund

Il suo lavoro si concentra sulla transizione economica dalle economie pianificate a quelle di mercato. Åslund ha servito come consulente economico per i governi di Kirghizistan, Russia e Ucraina e dal 2003 è stato direttore del programma russo ed eurasiatico presso il Carnegie Endowment for International Peace. Åslund era un sostenitore di riforme economiche precoci, globali e radicali in Russia e nell’Europa orientale. Ha lavorato al Peterson Institute for International Economics dal 2006 al 2015. Nel 2013, David Frum ha scritto che “Anders Aslund al Peterson Institute è uno dei massimi esperti mondiali sul crollo dell’economia pianificata sovietica”. Dal 2010 al 2013 e di nuovo nel 2022 ha contribuito a The Moscow Times, un quotidiano indipendente in lingua inglese. Il suo lavoro in Ucraina lo ha reso un critico del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy.

Economia Volatile

Circa l’incredibile rimonta del rublo di questi giorni, da dilettante appassionato di affari economici supportato però da un forte senso logico, vorrei esprimere un mio pensiero.
Innanzitutto è bene precisare che per effetto delle sanzioni, nella limitazione delle vendite e per gli acquisti sui mercati internazionali, la Russia ha praticamente creato la domanda per la propria valuta. Questo dato lo riporta il WSJ nell’articolo “How Russia’s Central Bank Engineered the Ruble’s Rebound” che spiega per l’appunto “Come la Banca centrale della Russia abbia orchestrato la ripresa del rublo”.
Nell’articolo Caitlin Ostroff afferma: “il rublo è in uno stato di coma indotto dalla banca centrale”.

Ostroff ha ripercorso il trend della moneta russa, che ha fatto passi da gigante rispetto al minimo record testato il 7 marzo scorso, a 151 rubli nei confronti del dollaro.

L’altro giorno, per dire, il rublo è rimbalzato fino al massimo dell’ultimo mese nei confronti del dollaro: un recupero di tutto rispetto, se consideriamo che anche titoli di stato e tutti gli asset russi vengono considerati “rossino” “per usare un gergo pratese.

E allora? Allora l’unica risposta logica (per quanta logica possa esserci nel mondo della finanza internazionale) è grazie all’intervento salvifico della banca centrale russa varando, nelle ultime settimane, misure per limitare i sell e rendere obbligatori i buy sui rubli.
Come spiega il WSJ per frenare la fuga dai rubli, l’istituzione ha stabilito un limite massimo di dollari che i residenti russi possono prelevare dai loro conti bancari all’estero, impedendo allo stesso tempo alle banche di vendere valuta straniera ai clienti. Queste due disposizioni rimarranno in vigore per i prossimi sei mesi.
Inoltre alle società di brokeraggio russe è stato ordinato di impedire ai clienti stranieri di vendere strumenti finanziari russi. Tradotto ulteriormente vuol dire che riuscire a vendere rubli è diventato molto difficile, in una Russia che ha reagito alle sanzioni blindando se stessa e i suoi asset.

Altro fattore importante è che le sanzioni occidentali hanno risparmiato i giganti del petrolio e del gas russi per ovvi motivi, e dopo il dietrofront di Putin sul pretendere i pagamenti in rubli, euro e dollari continuano a circolare nel paese e che Mosca ha sfruttato a suo vantaggio, ordinando alle aziende esportatrici russe di vendere l’80% delle entrate percepite in valuta straniera per acquistare rubli.
Non è sbagliato dire che alla base dell’apprezzamento della moneta ha contribuito la frase “gas russo solo con pagamenti in rubli” tant’è che appena Putin ha cambiato idea, il rublo è sceso. 
Nel quadro d’insieme l’intera economia russa è in ginocchio, mollata tra l’altro da centinaia di società di tutto il mondo che hanno annunciato il loro addio al paese o il loro addio al fare affari con Mosca: ciò significa che le importazioni sono destinate a contrarsi. Dall’altro lato della bilancia commerciale, la Russia sta continuando a esportare il proprio petrolio (all’Europa) ricevendo in cambio una quantità di soldi superiore a quella che sarebbe necessaria per le importazioni, e una quantità anche sostenuta, visto che i prezzi del petrolio viaggiano al di sopra della soglia di $100 al barile.
È questo sbilanciamento dovuto al surplus commerciale che ha rafforzato il rublo ma l’economia russa sarà destinata a soffrire una “pesante contrazione financo del 8,5% nel corso dell’anno” (fonte S&P Global)

Facciamo adesso un’altra considerazione. I maggiori importatori di gas russo sono Germania e Italia. Certamente i russi possono chiudere i rubinetti ma non avranno garantiti gli introiti necessari al fabbisogno nazionale con una contrazione del PIL del 30-40% che potrebbe aumentare se l’intenzione della UE sarebbe veramente quella di contare sul gas americano e dei paesi africani.
Uno scenario catastrofico!
Si creerebbe un effetto Cuba (ma molto più deflagante) per “così tanta roba che non si può più acquistare o vendere per cui il rublo potrebbe rafforzarsi in modo significativo dai livelli attuali, ma non significherebbe niente” secondo George Pearkes, macro strategist di Bespoke Investment Group.
E del rublo legato a filo doppio con il valore dell’oro? Anche qui basta ricordarsi che Nixon nel ’71 sganciò la convertibilità dollaro-oro ritenendola non più soddisfacente al sistema capitalistico americano (giusta o sbagliata che sia stata la decisione, questa è!) perciò la mossa della Banca Centrale Russa risulta una forzatura necessaria alla poco rosea situazione economica interna. Considerate poi che i depositi in oro russi non sono tutti sul suolo metropolitano ma in deposito bancari in tutto il mondo (Fed e Bank of England in primis)
A rigor di logica poi, viste le precedenti sanzioni e le precedenti crisi economiche della Russia non ultima quella del 2014, questa mossa poteva benissimo esser fatta a quei tempi.
Mentre Jane Foley, responsabile della divisione di strategia sul forex presso Rabobank dice: “Riteniamo che il rublo russo si indebolirà in modo significativo in un arco temporale di più lungo periodo” a Prato l’imprenditore Ivo Barrocciai, immortalato da Edoardo Nesi nei suoi libri, direbbe “vòrta la carta e péggiora!”

Progadanda Belligerante

Quando ci sono i conflitti armati, viene naturale attingere alle informazioni dal mainstream di entrambe le parti oppure, da cronisti di testate terze che però saranno pur sempre schierate con uno o con l’altro. Ma quanta verità c’è da una parte e dall’altra? Per questo motivo è sempre opportuno verificare e approfondire, oltre che dai siti ufficiali, anche a blogger che pur con una propria opinione, osservano e scrivono in maniera diversa, più diretta e il più delle volte “live”
Ho trovato questa pagina che vi linko qui. Non è di semplice consultazione, ma proviamoci:

Attack On Europe: Documenting Equipment Losses During The 2022 Russian Invasion Of Ukraine – Oryx
https://www.oryxspioenkop.com/2022/02/attack-on-europe-documenting-equipment.html?m=1


Il criterio con cui è costruita la pagina è il seguente: si prelevano immagini e video di residuati da fonti OSInt Si cerca di identificare l’equipaggiamento rappresentato e la sua la nazionalità di appartenenza. Si prova poi a geolocalizzare il luogo dell’evento bellico che lo ha coinvolto. Ogni rilevazione è collegata a foto e, con grandissima pazienza, è possibile avere un quadro abbastanza significativo della situazione.Possibili obiezioni: è aggiornata? Sì, dai controlli che ho effettuato la pagina viene aggiornata in media una decina di volte al giorno? Come si fa a sapere che lo stesso mezzo non sia stato fotografato più volte da diverse angolazioni e quindi contato erroneamente come mezzi diversi? La chiave è la geolocalizzazione tramite la quale si può ridurre il tasso di multiplazione. Come si distingue un mezzo distrutto da uno abbandonato e come si fa a sapere che un mezzo è stato catturato o riconvertito dopo l’abbandono? Bella domanda. Ogni filmato, immagine contiene informazioni che, unite alla geolocalizzazione, un occhio esperto sa interpretare. Siamo comunque nel campo dell’approssimazione. Professionale, ma sempre approssimazione. Infine: è affidabile un’informazione di questo tipo? La mia risposta è: non posso giurarci, ma è sicuramente la migliore modalità di valutazione bellica disponibile al pubblico fino ad oggi e non ha precedenti nella storia. Fino al conflitto russo ucraino, le opinioni ce le siamo fatte leggendo corrispondenze di inviati, guardando servizi filmati-foto di reporter e acquisendo le veline governative degli stati coinvolti. Non ho esitazioni a dire che, per quanto parziale, incompleto, approssimativo e di forse parte, questo è il sistema più dettagliato per avere un’idea di quanto stia avvenendo sul campo. Diciamo che le stesse intelligence militari si avvalgono di raccolte di questo tipo, integrate, ovviamente, da rapporti che vengono dal fronte e che non sono disponibili al pubblico. Va anche considerato, che nelle fasi iniziali della campagna, i russi hanno usato malamente i canali di OSInt diffondendo meno immagini. Questo, però, può anche voler dire che nei primi giorni hanno subito le perdite più dolorose e avevano poco da condividere. Infine, chi c’è dietro questo sito? Risulta gestito da Stijn Mitzer che si definisce giornalista e blogger olandese. Quello che è certo è la raccolta e l’analisi di queste informazioni richiede tanto lavoro e coinvolgimento di personale formato. Non so fino a che punto i contributi del pubblico possano coprire le spese. Ognuno si faccia l’dea che crede.Bene, dopo questa lunga dissertazione necessaria per giustificare la valutazione che segue, facciamo qualche inferenza sui dati.

Ogni conflitto, si sa, ha la sua propaganda e chi segue dal di fuori deve giocoforza affidarsi a ciò che il mainstream decide di farci vedere e capire.

La prima è la colossale sproporzione tra russi e ucraini in termini di equipaggiamento reso variamente indisponibile. 4 carri russi per ogni carro ucraino, 3 veicoli corazzati russi per ogni veicolo ucraino, 25 elicotteri russi contro un solo elicottero ucraino, mentre i velivoli abbattuti hanno numerazione vicina. Non voglio continuare l’elenco delle disgrazie. Il link l’ho segnalato, ognuno può verificare, sebbene l’impressione che se ne ricava sia chiara.Ora una valutazione sull’obsolescenza dell’equipaggiamento, con particolare riferimento alla Russia. Ad occhio e croce, il 60 per cento del materiale impiegato è di produzione precedente al 1991. Ora, e questa è una questione risolvibile solo con informazioni di intelligence, le possibilità sono due:
a) la russia ha le rimesse piene di sistemi d’arma nuovi di zecca, ma non vuole farli uscire per paura che prendano polvere. b) la russia è caduta nel solito errore delle dittature populiste che cedono spesso al priapismo bellico e privilegiano, nella loro politica di pianificazione bellica, la quantità alla qualità.

L’opzione b) spiegherebbe anche perché, in quella che loro definiscono un’operazione speciale, siano stati impegnati tanti coscritti male equipaggiati invece che truppe professionali bene armate. Scelta obbligatoria per operazioni speciali rapide e letali. La percezione che in Ucraina si stia consumando una disfatta militare russa è netta. Va però considerato che, per quanto sia un fattore obsoleto di valutazione, il numero ha ancora la sua importanza. Se ti puoi permettere di perdere 4 carri per eliminarne uno nemico e lo puoi fare per il tempo sufficiente, alla fine vinci. E se non devi rendere conto a nessuno delle tue scelte sanguinarie, sarai comunque considerato un gran condottiero.

Impossibili Alternative

Da parte di tutto il mondo occidentale c’è la volontà che Vladimir Putin non solo debba essere fermato nel suo tentativo colonizzare l’Ucraina, ma debba anche essere punito per la sua barbarie. Agli occhi di noi perbenisti civilizzati occidentali è una questione di giustizia divina.

Più che la guerra in sé ciò che rende la situazione ancora più pericolosa è che l’Ucraina è armata e rifornita proprio dall’’alleanza militare che la Russia teme di più: la Nato. Paradossalmente quindi, ciò che Putin voleva evitare (bloccare l’espansionismo della Nato) gli si è rivoltato contro seppur in maniera indiretta, giacché l’Ucraina è armata e sostenuta economicamente proprio dall’Alleanza Atlantica. Oltre a questo va considerato il boicottaggio economico sempre più duro, che mira a determinare la sconfitta russa non solo per armi ma anche per economia. Per tutta questa somma di ragioni sono ragionevolmente convinto che questa campagna militare, se dovesse concludersi con una sconfitta umiliante per la Russia, affosserà non solo il regime di Putin ma anche il prestigio nazionali del paese. 

Putin è un giocatore d’azzardo che ha già perso così tanto da essere destinato alla bancarotta, e la sua unica salvezza è ribaltare la situazione continuando ad alzare la posta. È questo il tipo d’avversario disperato che l’occidente si trova forse a dover affrontare. Peggio: è un avversario che si è macchiato di sanguinose colpe per le quali l’occidente, forse, sarà obbligato a non chiedere risarcimenti. Ma potrà e vorrà farlo?
In campo occidentale c’è stato un crescendo sia nella risposta ufficiale all’invasione della Russia sia nella retorica della denuncia del regime. È un fatto comprensibile ma che con il tempo potrà rivelarsi paradossale. Putin è stato dipinto come il presidente di una specie di stato mafioso: corrotto, cleptocratico e violento, fondato su reti di fedeltà e rivendicazioni territoriali che non hanno nulla a che fare con la volontà popolare che va contrastato a prescindere. L’occidente però dovrebbe anche riconoscere il rischio di ritrovarsi di fronte a un atroce dilemma: vogliono mettere fine al conflitto oppure sconfiggere la Russia?
Forse queste due cose ormai coincidono, ma la differenza potrebbe diventare importante.
Certo che è importante per la sicurezza occidentale che gli aspiranti Putin di questo mondo capiscano che, se tentano qualcosa di simile all’invasione dell’Ucraina, saranno schiacciati e umiliati, come sta succedendo alla Russia.
Il rompicapo, tuttavia, è che per Putin sarebbe più facile ritirarsi se trovasse un modo d’affermare che non ha fallito. Gli analisti e i diplomatici, gente che bada al sodo e non fanno politica in salotti tv o sui social, sono concordi nel ritenere possibile sconfiggere Putin se al contempo venisse elaborato un messaggio che il presidente russo possa sventolare come una vittoria in patria. Ma il fatto stesso che l’occidente debba concedergli qualcosa da sventolare in patria, in virtù di quanto sopra, non indebolisce la capacità dell’occidente stesso di sventolare la propria vittoria? 
Realisticamente l’unica soluzione è un ripristino dello status quo precedente alla guerra, accompagnato da garanzie diplomatiche per entrambe le parti. Ma perché l’Ucraina dovrebbe accettare lo status quo, visto quello che ha passato? E Putin come potrebbe fare altrettanto visto il prezzo che ha pagato a sua volta? L’Ucraina ha fatto domanda di adesione all’Unione Europea e il suo desiderio di entrare nella Nato è oggi ancor più legittimo. La sua popolazione sembra essere diventata più coesa nelle avversità e aver trovato la sua voce come stato nazionale europeo. Lo status quo che Putin trovava così intollerabile in precedenza potrebbe essere impossibile da resuscitare, perché lui stesso l’ha eliminato. Le proiezioni di strategia militare insegnano e più a lungo l’Ucraina resisterà, più l’occidente potrebbe convincersi di poter ottenere qualcosa di più grande dello status quo, e cioè che Putin e il suo regime non sopravvivano alla crisi che hanno generato. Ma l’occidente riesce ad intravedere un futuro migliore dello status quo? L’opinione pubblica europea permetterà un ritorno a relazioni “normali” con la Russia? 
Alcuni esperti analisti della Russia, non inclini all’iperbole, credono che il paese potrebbe crollare in seguito a questa crisi e Putin essere destituito e sostituito. A questa ipotesi Michael Kofman, direttore degli studi sulla Russia presso l’istituto di ricerche Cna, si è detto  preoccupato da quello che potrebbe arrivare dopo un’eventuale caduta del regime di Putin. “Non sto dicendo che sarà sostituito da un qualcosa di meglio”, ha detto. “Se non vi piace il sistema autoritario che esiste oggi, potrebbe non piacervi il sistema autoritario che lo sostituirà. Nell’attuale, penso che Putin andrà fino in fondo, ed è questo che mi preoccupa”. 

La domanda, per i leader mondiali, è come assicurarsi che Putin sia sconfitto, fornendogli allo stesso una via d’uscita dalla crisi, ed evitando qualsiasi passo falso che potrebbe portare a una conflagrazione più ampia. Ovviamente, per quanto sostegno l’occidente dia a Kiev, il conflitto deve rimanere tra Ucraina e Russia. In questo modo, i negoziati di pace rimarranno tra i due paesi, e non tra la Russia e l’occidente più in generale. Gli USA, la UE, la Nato, non possono permettere che i colloqui diventino ciò che Putin vuole che siano: un negoziato sulle sfere d’influenza, nel quale l’Ucraina e altri staterelli possono essere barattati. Altrimenti sarebbe una vittoria di Putin, delle sue politiche di rischio nucleare calcolato e delle sue minacce dirette.
In secondo luogo, l’occidente non deve chiudere ai potenziali compromessi che gli stessi ucraini sarebbero disposti a negoziare. Se si vuole che Putin accetti una sconfitta negoziata, avrà bisogno di una foglia di fico per nascondere la realtà di non essere riuscito a vincere una guerra che prometteva facile. L’Ucraina oltre a rinunciare all’ingresso nella Nato dovrebbe anche promettere di non inviare truppe nel Donbass e/o cercare di non riconquistare la Crimea. O anche di procurarsi armi nucleari, o di permettere che siano posizionate sul territorio ucraino. In altre parole, potrebbe usare l’assurda propaganda della Russia a suo vantaggio, impegnandosi formalmente a non fare cose che lui o qualsiasi altro suo successore non avrebbe comunque considerato di fare.

Ma potrebbe davvero andare cosi? Certi compromessi potrebbero non essere equi. Per dire, perché l’Ucraina dovrebbe rinunciare a fare domanda d’ingresso nell’Ue o nella Nato? O perché dovrebbe accettare l’annessione della Crimea, che fa parte del suo territorio sovrano? È qui che le abilità diplomatiche dovranno emergere in primo piano. Alla fine, la diplomazia dovrà convincere ogni parte ad accettare un accordo che permetta a ciascuno di salvare la propria dignità, anche se una parte non lo meriterebbe.