Lacrime e cipolle

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Illustrissima ministra Bellanova, la ritengo una persona capace e degna di essere stata eletta all’emiciclo della Camera, così come la ritengo sufficientemente capace di esercitare il suo mandato ministeriale. Circa la regolarizzazione dei braccianti a nero extracomunitari, alle condizioni proposte, la penso esattamente come lei e per questo ha il mio plauso, ma per favore, non mi decada nella scenetta delle lacrime, che poteva benissimo evitarsi. Capisco che ella “senta” particolarmente il problema per i suoi trascorsi nel sindacato agrario, ma mi permetta: non era assolutamente il caso di mostrarsi così. Visto il periodo e le difficoltà di famiglie italiane che in questo momento stanno letteralmente tirando la cinghia, raschiando il fondo del barile, preoccuparsi per il proprio futuro lavorativo che si presuppone più problematico, con i figli (grandi o piccoli che siano) che hanno perso quasi tutto l’anno scolastico e soprattutto con le difficoltà della vita quotidiana, ho trovato estremamente inopportuno la sua commozione. Ripeto, ella ha tutte le ragioni per esserlo, ma non certo esprimendolo a sceneggiata mariomerolana in diretta TV. Certamente anche i migliori sbagliano e sono abbastanza certo che l’emozione le ha giocato un brutto tiro (anche se dovrebbe essere avvezza al proscenio) perché se così non fosse e tutto facesse parte di un effetto ad hoc prettamente mediatico, da Leopolda per intenderci, sarebbe non solo ingannevole ma vile verso gli italiani tutti. E per tutti intendo tutti, compreso anche i suoi “sommersi” che, a questo punto con la giusta pari dignità, di tutto hanno bisogno fuorché di fate madrine piangenti con la cipolla.

Leadership van cercando

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Siamo ormai prossimi alla cosiddetta #Fase2 laddove l’Italia sembra lasciarsi alle spalle l’emergenza sanitaria senza curarsi della prossima emergenza: quella economica. Il rischio è quello di piombare in una situazione di crisi gravissima con conseguenze durature da cui difficilmente riusciremo a risollevarci.
Una crisi sistemica di carattere socio-economico che, se non affrontata con determinazione dal governo, generare drammatici effetti sul medio-lungo periodo. Ma il governo ha la forza per affrontare ciò? A vedere le misure prese sulla carta si, ma nella realtà dei fatti tutto è rimasto fermo a metà marzo, ad inizio pandemia. Prova ne è la conferenza stampa del premier Conte in cui si sarebbe dovuto annunciare efficacemente le misure intraprese per l’avvio della fase due, e che invece ha dimostrato tutta la difficoltà dell’esecutivo nella predisposizione di un programma definito. A memoria è per esperienza diretta (anche politica) la storia ci insegna che nei momenti di difficoltà serve una cabina di regia limitata, composta da poche persone operative e con ampio potere decisionale. Ai tempi dell’antica Roma repubblicana in caso di estrema necessità, i due consoli delegavano (dictus) ogni potere a un dittatore che, una volta esaurito il proprio compito, sarebbe tornato a coltivare il proprio orticello come fece appunto Cincinnato. Altri tempi d’accordo, e oggi solo a nominar la parola “dittatore” ai più si drizzerebbero le orecchie ma forzatamente ho voluto usare questo aneddoto per evidenziare l’esatto contrario di quello che sta succedendo oggi con centinaia di tecnici, decine di task-force, esperti (o pseudo tali) che generano ulteriore confusione e difficoltà creando un processo decisionale inefficiente che lascia ampi margini all’arte di arrangiarsi tipicamente italica.
Per dire, cresce giorno dopo giorno la preoccupazione della classe imprenditoriale, artigianale e commerciale del Paese per le misure fin qui adottate considerate trasversalmente insufficienti tanto che i ceti produttivi hanno iniziato a interrogarsi sulla necessità di avere un governo più attento alle loro esigenze. Magari auspicando e lavorando per un’alternativa all’attuale leadership.
La domanda successiva quindi è: attualmente il centrodestra rappresenta questa alternativa? Difficile dirlo, perché anche l’opposizione in tutto questo tempo non ha presentato una valida risoluzione per avviare questa ripartenza, tranne che invocare (senza molta insistenza) l’ex presidente BCE Mario Draghi.
Le divisioni interne al centrodestra, dovute ai nuovi scenari e alla partita che si gioca sullo scacchiere della UE, vedono una fuga in avanti (quasi un distacco) di FI in chiave europeista, un avanzamento di consenso di FdI dovuto anche all’arretramento della Lega, non è prodromo delle esigenze economiche richieste dai ceti produttivi che sono stati e continueranno ad essere i più penalizzati.
Lasciando quindi da parte divergenze, pinzillacchere e scaramucce che potevano andar bene nell’ordinario ma non certo in tempi straordinari come questi, dove il Paese e tutti noi abbiamo bisogno di risposte concrete, il centrodestra ha una strategia comune per far sentire la voce di milioni di italiani che non si riconoscono nelle scelte del governo?

E’ questa la vera domanda cui moltissimi vorrebbero una risposta, prima di rischiare un salto nel buio.