Economia Volatile

Circa l’incredibile rimonta del rublo di questi giorni, da dilettante appassionato di affari economici supportato però da un forte senso logico, vorrei esprimere un mio pensiero.
Innanzitutto è bene precisare che per effetto delle sanzioni, nella limitazione delle vendite e per gli acquisti sui mercati internazionali, la Russia ha praticamente creato la domanda per la propria valuta. Questo dato lo riporta il WSJ nell’articolo “How Russia’s Central Bank Engineered the Ruble’s Rebound” che spiega per l’appunto “Come la Banca centrale della Russia abbia orchestrato la ripresa del rublo”.
Nell’articolo Caitlin Ostroff afferma: “il rublo è in uno stato di coma indotto dalla banca centrale”.

Ostroff ha ripercorso il trend della moneta russa, che ha fatto passi da gigante rispetto al minimo record testato il 7 marzo scorso, a 151 rubli nei confronti del dollaro.

L’altro giorno, per dire, il rublo è rimbalzato fino al massimo dell’ultimo mese nei confronti del dollaro: un recupero di tutto rispetto, se consideriamo che anche titoli di stato e tutti gli asset russi vengono considerati “rossino” “per usare un gergo pratese.

E allora? Allora l’unica risposta logica (per quanta logica possa esserci nel mondo della finanza internazionale) è grazie all’intervento salvifico della banca centrale russa varando, nelle ultime settimane, misure per limitare i sell e rendere obbligatori i buy sui rubli.
Come spiega il WSJ per frenare la fuga dai rubli, l’istituzione ha stabilito un limite massimo di dollari che i residenti russi possono prelevare dai loro conti bancari all’estero, impedendo allo stesso tempo alle banche di vendere valuta straniera ai clienti. Queste due disposizioni rimarranno in vigore per i prossimi sei mesi.
Inoltre alle società di brokeraggio russe è stato ordinato di impedire ai clienti stranieri di vendere strumenti finanziari russi. Tradotto ulteriormente vuol dire che riuscire a vendere rubli è diventato molto difficile, in una Russia che ha reagito alle sanzioni blindando se stessa e i suoi asset.

Altro fattore importante è che le sanzioni occidentali hanno risparmiato i giganti del petrolio e del gas russi per ovvi motivi, e dopo il dietrofront di Putin sul pretendere i pagamenti in rubli, euro e dollari continuano a circolare nel paese e che Mosca ha sfruttato a suo vantaggio, ordinando alle aziende esportatrici russe di vendere l’80% delle entrate percepite in valuta straniera per acquistare rubli.
Non è sbagliato dire che alla base dell’apprezzamento della moneta ha contribuito la frase “gas russo solo con pagamenti in rubli” tant’è che appena Putin ha cambiato idea, il rublo è sceso. 
Nel quadro d’insieme l’intera economia russa è in ginocchio, mollata tra l’altro da centinaia di società di tutto il mondo che hanno annunciato il loro addio al paese o il loro addio al fare affari con Mosca: ciò significa che le importazioni sono destinate a contrarsi. Dall’altro lato della bilancia commerciale, la Russia sta continuando a esportare il proprio petrolio (all’Europa) ricevendo in cambio una quantità di soldi superiore a quella che sarebbe necessaria per le importazioni, e una quantità anche sostenuta, visto che i prezzi del petrolio viaggiano al di sopra della soglia di $100 al barile.
È questo sbilanciamento dovuto al surplus commerciale che ha rafforzato il rublo ma l’economia russa sarà destinata a soffrire una “pesante contrazione financo del 8,5% nel corso dell’anno” (fonte S&P Global)

Facciamo adesso un’altra considerazione. I maggiori importatori di gas russo sono Germania e Italia. Certamente i russi possono chiudere i rubinetti ma non avranno garantiti gli introiti necessari al fabbisogno nazionale con una contrazione del PIL del 30-40% che potrebbe aumentare se l’intenzione della UE sarebbe veramente quella di contare sul gas americano e dei paesi africani.
Uno scenario catastrofico!
Si creerebbe un effetto Cuba (ma molto più deflagante) per “così tanta roba che non si può più acquistare o vendere per cui il rublo potrebbe rafforzarsi in modo significativo dai livelli attuali, ma non significherebbe niente” secondo George Pearkes, macro strategist di Bespoke Investment Group.
E del rublo legato a filo doppio con il valore dell’oro? Anche qui basta ricordarsi che Nixon nel ’71 sganciò la convertibilità dollaro-oro ritenendola non più soddisfacente al sistema capitalistico americano (giusta o sbagliata che sia stata la decisione, questa è!) perciò la mossa della Banca Centrale Russa risulta una forzatura necessaria alla poco rosea situazione economica interna. Considerate poi che i depositi in oro russi non sono tutti sul suolo metropolitano ma in deposito bancari in tutto il mondo (Fed e Bank of England in primis)
A rigor di logica poi, viste le precedenti sanzioni e le precedenti crisi economiche della Russia non ultima quella del 2014, questa mossa poteva benissimo esser fatta a quei tempi.
Mentre Jane Foley, responsabile della divisione di strategia sul forex presso Rabobank dice: “Riteniamo che il rublo russo si indebolirà in modo significativo in un arco temporale di più lungo periodo” a Prato l’imprenditore Ivo Barrocciai, immortalato da Edoardo Nesi nei suoi libri, direbbe “vòrta la carta e péggiora!”

Progadanda Belligerante

Quando ci sono i conflitti armati, viene naturale attingere alle informazioni dal mainstream di entrambe le parti oppure, da cronisti di testate terze che però saranno pur sempre schierate con uno o con l’altro. Ma quanta verità c’è da una parte e dall’altra? Per questo motivo è sempre opportuno verificare e approfondire, oltre che dai siti ufficiali, anche a blogger che pur con una propria opinione, osservano e scrivono in maniera diversa, più diretta e il più delle volte “live”
Ho trovato questa pagina che vi linko qui. Non è di semplice consultazione, ma proviamoci:

Attack On Europe: Documenting Equipment Losses During The 2022 Russian Invasion Of Ukraine – Oryx
https://www.oryxspioenkop.com/2022/02/attack-on-europe-documenting-equipment.html?m=1


Il criterio con cui è costruita la pagina è il seguente: si prelevano immagini e video di residuati da fonti OSInt Si cerca di identificare l’equipaggiamento rappresentato e la sua la nazionalità di appartenenza. Si prova poi a geolocalizzare il luogo dell’evento bellico che lo ha coinvolto. Ogni rilevazione è collegata a foto e, con grandissima pazienza, è possibile avere un quadro abbastanza significativo della situazione.Possibili obiezioni: è aggiornata? Sì, dai controlli che ho effettuato la pagina viene aggiornata in media una decina di volte al giorno? Come si fa a sapere che lo stesso mezzo non sia stato fotografato più volte da diverse angolazioni e quindi contato erroneamente come mezzi diversi? La chiave è la geolocalizzazione tramite la quale si può ridurre il tasso di multiplazione. Come si distingue un mezzo distrutto da uno abbandonato e come si fa a sapere che un mezzo è stato catturato o riconvertito dopo l’abbandono? Bella domanda. Ogni filmato, immagine contiene informazioni che, unite alla geolocalizzazione, un occhio esperto sa interpretare. Siamo comunque nel campo dell’approssimazione. Professionale, ma sempre approssimazione. Infine: è affidabile un’informazione di questo tipo? La mia risposta è: non posso giurarci, ma è sicuramente la migliore modalità di valutazione bellica disponibile al pubblico fino ad oggi e non ha precedenti nella storia. Fino al conflitto russo ucraino, le opinioni ce le siamo fatte leggendo corrispondenze di inviati, guardando servizi filmati-foto di reporter e acquisendo le veline governative degli stati coinvolti. Non ho esitazioni a dire che, per quanto parziale, incompleto, approssimativo e di forse parte, questo è il sistema più dettagliato per avere un’idea di quanto stia avvenendo sul campo. Diciamo che le stesse intelligence militari si avvalgono di raccolte di questo tipo, integrate, ovviamente, da rapporti che vengono dal fronte e che non sono disponibili al pubblico. Va anche considerato, che nelle fasi iniziali della campagna, i russi hanno usato malamente i canali di OSInt diffondendo meno immagini. Questo, però, può anche voler dire che nei primi giorni hanno subito le perdite più dolorose e avevano poco da condividere. Infine, chi c’è dietro questo sito? Risulta gestito da Stijn Mitzer che si definisce giornalista e blogger olandese. Quello che è certo è la raccolta e l’analisi di queste informazioni richiede tanto lavoro e coinvolgimento di personale formato. Non so fino a che punto i contributi del pubblico possano coprire le spese. Ognuno si faccia l’dea che crede.Bene, dopo questa lunga dissertazione necessaria per giustificare la valutazione che segue, facciamo qualche inferenza sui dati.

Ogni conflitto, si sa, ha la sua propaganda e chi segue dal di fuori deve giocoforza affidarsi a ciò che il mainstream decide di farci vedere e capire.

La prima è la colossale sproporzione tra russi e ucraini in termini di equipaggiamento reso variamente indisponibile. 4 carri russi per ogni carro ucraino, 3 veicoli corazzati russi per ogni veicolo ucraino, 25 elicotteri russi contro un solo elicottero ucraino, mentre i velivoli abbattuti hanno numerazione vicina. Non voglio continuare l’elenco delle disgrazie. Il link l’ho segnalato, ognuno può verificare, sebbene l’impressione che se ne ricava sia chiara.Ora una valutazione sull’obsolescenza dell’equipaggiamento, con particolare riferimento alla Russia. Ad occhio e croce, il 60 per cento del materiale impiegato è di produzione precedente al 1991. Ora, e questa è una questione risolvibile solo con informazioni di intelligence, le possibilità sono due:
a) la russia ha le rimesse piene di sistemi d’arma nuovi di zecca, ma non vuole farli uscire per paura che prendano polvere. b) la russia è caduta nel solito errore delle dittature populiste che cedono spesso al priapismo bellico e privilegiano, nella loro politica di pianificazione bellica, la quantità alla qualità.

L’opzione b) spiegherebbe anche perché, in quella che loro definiscono un’operazione speciale, siano stati impegnati tanti coscritti male equipaggiati invece che truppe professionali bene armate. Scelta obbligatoria per operazioni speciali rapide e letali. La percezione che in Ucraina si stia consumando una disfatta militare russa è netta. Va però considerato che, per quanto sia un fattore obsoleto di valutazione, il numero ha ancora la sua importanza. Se ti puoi permettere di perdere 4 carri per eliminarne uno nemico e lo puoi fare per il tempo sufficiente, alla fine vinci. E se non devi rendere conto a nessuno delle tue scelte sanguinarie, sarai comunque considerato un gran condottiero.

Impossibili Alternative

Da parte di tutto il mondo occidentale c’è la volontà che Vladimir Putin non solo debba essere fermato nel suo tentativo colonizzare l’Ucraina, ma debba anche essere punito per la sua barbarie. Agli occhi di noi perbenisti civilizzati occidentali è una questione di giustizia divina.

Più che la guerra in sé ciò che rende la situazione ancora più pericolosa è che l’Ucraina è armata e rifornita proprio dall’’alleanza militare che la Russia teme di più: la Nato. Paradossalmente quindi, ciò che Putin voleva evitare (bloccare l’espansionismo della Nato) gli si è rivoltato contro seppur in maniera indiretta, giacché l’Ucraina è armata e sostenuta economicamente proprio dall’Alleanza Atlantica. Oltre a questo va considerato il boicottaggio economico sempre più duro, che mira a determinare la sconfitta russa non solo per armi ma anche per economia. Per tutta questa somma di ragioni sono ragionevolmente convinto che questa campagna militare, se dovesse concludersi con una sconfitta umiliante per la Russia, affosserà non solo il regime di Putin ma anche il prestigio nazionali del paese. 

Putin è un giocatore d’azzardo che ha già perso così tanto da essere destinato alla bancarotta, e la sua unica salvezza è ribaltare la situazione continuando ad alzare la posta. È questo il tipo d’avversario disperato che l’occidente si trova forse a dover affrontare. Peggio: è un avversario che si è macchiato di sanguinose colpe per le quali l’occidente, forse, sarà obbligato a non chiedere risarcimenti. Ma potrà e vorrà farlo?
In campo occidentale c’è stato un crescendo sia nella risposta ufficiale all’invasione della Russia sia nella retorica della denuncia del regime. È un fatto comprensibile ma che con il tempo potrà rivelarsi paradossale. Putin è stato dipinto come il presidente di una specie di stato mafioso: corrotto, cleptocratico e violento, fondato su reti di fedeltà e rivendicazioni territoriali che non hanno nulla a che fare con la volontà popolare che va contrastato a prescindere. L’occidente però dovrebbe anche riconoscere il rischio di ritrovarsi di fronte a un atroce dilemma: vogliono mettere fine al conflitto oppure sconfiggere la Russia?
Forse queste due cose ormai coincidono, ma la differenza potrebbe diventare importante.
Certo che è importante per la sicurezza occidentale che gli aspiranti Putin di questo mondo capiscano che, se tentano qualcosa di simile all’invasione dell’Ucraina, saranno schiacciati e umiliati, come sta succedendo alla Russia.
Il rompicapo, tuttavia, è che per Putin sarebbe più facile ritirarsi se trovasse un modo d’affermare che non ha fallito. Gli analisti e i diplomatici, gente che bada al sodo e non fanno politica in salotti tv o sui social, sono concordi nel ritenere possibile sconfiggere Putin se al contempo venisse elaborato un messaggio che il presidente russo possa sventolare come una vittoria in patria. Ma il fatto stesso che l’occidente debba concedergli qualcosa da sventolare in patria, in virtù di quanto sopra, non indebolisce la capacità dell’occidente stesso di sventolare la propria vittoria? 
Realisticamente l’unica soluzione è un ripristino dello status quo precedente alla guerra, accompagnato da garanzie diplomatiche per entrambe le parti. Ma perché l’Ucraina dovrebbe accettare lo status quo, visto quello che ha passato? E Putin come potrebbe fare altrettanto visto il prezzo che ha pagato a sua volta? L’Ucraina ha fatto domanda di adesione all’Unione Europea e il suo desiderio di entrare nella Nato è oggi ancor più legittimo. La sua popolazione sembra essere diventata più coesa nelle avversità e aver trovato la sua voce come stato nazionale europeo. Lo status quo che Putin trovava così intollerabile in precedenza potrebbe essere impossibile da resuscitare, perché lui stesso l’ha eliminato. Le proiezioni di strategia militare insegnano e più a lungo l’Ucraina resisterà, più l’occidente potrebbe convincersi di poter ottenere qualcosa di più grande dello status quo, e cioè che Putin e il suo regime non sopravvivano alla crisi che hanno generato. Ma l’occidente riesce ad intravedere un futuro migliore dello status quo? L’opinione pubblica europea permetterà un ritorno a relazioni “normali” con la Russia? 
Alcuni esperti analisti della Russia, non inclini all’iperbole, credono che il paese potrebbe crollare in seguito a questa crisi e Putin essere destituito e sostituito. A questa ipotesi Michael Kofman, direttore degli studi sulla Russia presso l’istituto di ricerche Cna, si è detto  preoccupato da quello che potrebbe arrivare dopo un’eventuale caduta del regime di Putin. “Non sto dicendo che sarà sostituito da un qualcosa di meglio”, ha detto. “Se non vi piace il sistema autoritario che esiste oggi, potrebbe non piacervi il sistema autoritario che lo sostituirà. Nell’attuale, penso che Putin andrà fino in fondo, ed è questo che mi preoccupa”. 

La domanda, per i leader mondiali, è come assicurarsi che Putin sia sconfitto, fornendogli allo stesso una via d’uscita dalla crisi, ed evitando qualsiasi passo falso che potrebbe portare a una conflagrazione più ampia. Ovviamente, per quanto sostegno l’occidente dia a Kiev, il conflitto deve rimanere tra Ucraina e Russia. In questo modo, i negoziati di pace rimarranno tra i due paesi, e non tra la Russia e l’occidente più in generale. Gli USA, la UE, la Nato, non possono permettere che i colloqui diventino ciò che Putin vuole che siano: un negoziato sulle sfere d’influenza, nel quale l’Ucraina e altri staterelli possono essere barattati. Altrimenti sarebbe una vittoria di Putin, delle sue politiche di rischio nucleare calcolato e delle sue minacce dirette.
In secondo luogo, l’occidente non deve chiudere ai potenziali compromessi che gli stessi ucraini sarebbero disposti a negoziare. Se si vuole che Putin accetti una sconfitta negoziata, avrà bisogno di una foglia di fico per nascondere la realtà di non essere riuscito a vincere una guerra che prometteva facile. L’Ucraina oltre a rinunciare all’ingresso nella Nato dovrebbe anche promettere di non inviare truppe nel Donbass e/o cercare di non riconquistare la Crimea. O anche di procurarsi armi nucleari, o di permettere che siano posizionate sul territorio ucraino. In altre parole, potrebbe usare l’assurda propaganda della Russia a suo vantaggio, impegnandosi formalmente a non fare cose che lui o qualsiasi altro suo successore non avrebbe comunque considerato di fare.

Ma potrebbe davvero andare cosi? Certi compromessi potrebbero non essere equi. Per dire, perché l’Ucraina dovrebbe rinunciare a fare domanda d’ingresso nell’Ue o nella Nato? O perché dovrebbe accettare l’annessione della Crimea, che fa parte del suo territorio sovrano? È qui che le abilità diplomatiche dovranno emergere in primo piano. Alla fine, la diplomazia dovrà convincere ogni parte ad accettare un accordo che permetta a ciascuno di salvare la propria dignità, anche se una parte non lo meriterebbe.

La Sporca Guerra


Il bombardamento dell’ospedale è stato un atto deliberato, non un incidente. Sono gli stessi russi a dichiararlo ufficialmente giustificandolo con la necessità di eliminare alcune postazioni militari ucraine che, secondo loro, erano situate all’interno.
Bombardare ospedali è diventata triste consuetudine diffusa da quando si dispone dei mezzi per farlo. È vergognosa prassi seguita da tante forze armate. Difficilmente ha una reale motivazione militare contingente legata a motivazioni difensive.
Più spesso, se non sempre, è un orribile atto di guerra psicologica, la più subdola delle “cinque dita”, atto a dimostrare che non esistono zone franche dove trovare scampo dalla furia dell’aggressore e che l’unico sistema per sopravvivere è arrendersi.
Si tratta di prassi antica, alla quale i russi sono fortemente legati, insieme alla disinformazione, altro “dito” dei cinque, ma che ora è patrimonio culturale condiviso, tanto è vero che viene teorizzato tramite manuali. Qui il link a uno americano.
https://t.co/FOw8NxayYt
Questo per dire che per un atto del genere non c’è alcuna giustificazione tattica. È puro opportunismo strategico, esercitato nella consapevolezza che infliggere sofferenza e generare terrore possa aiutare lo svolgimento di una campagna, fin ora assolutamente fallimentare. E questo, purtroppo, non ci conforta sull’evolversi del conflitto. Se non interviene un accordo, è plausibile pensare che la russia abbia investito così tanto in questo affare, che non sia disposta in nessun caso a cristallizzare le perdite. Resistendo, gli ucraini hanno alzato la posta. E stanno facendo la loro parte. Mantenendo la calma, l’occidente ha stabilizzato una situazione potenzialmente esplosiva, ma ora è il momento di fare un passo in più. L’Ucraina deve prendere atto che un reset pre bellico è praticamente impossibile, mentre l’occidente, finora preoccupatissimo di cosa potesse fare putin in caso di suo intervento, vista anche la magra prestazione della seconda forza armata mondiale. Dovrebbe rovesciare il punto di vista e iniziare a comportarsi facendo in modo che sia Putin a temere cosa possa succedere se ci fosse un coinvolgimento occidentale nel conflitto.

Un ultima parola per i miei connazionali, la cui vena polemica e attitudine bellica da salotto non indietreggia nemmeno di fronte agli orrori che si stanno scatenando con dolorosa evidenza direttamente nelle nostre case. Pensavo che fosse stupidità, ora credo che in molti di loro alberghi quella sotterranea viltà e oscura crudeltà i cui nefasti effetti ho visto paventarsi nei luoghi di umanità dimenticata. Luoghi dove ho compreso che non c’è vero limite alla crudeltà degli uomini perduti.

Nuovi Neonazisti o Vecchie Abitudini?

Questa storia dei nazisti ucraini mi ha stufato. Facciamo chiarezza una volta per tutte numeri e dati alla mano.

Il problema dell’estrema destra nazionalista esiste in Ucraina e in TUTTO lo spazio post-sovietico dallo scioglimento dell’URSS nel 1991. Movimenti neo-fascisti e neo-nazisti esistono anche in Russia e combattono in Donbass, esattamente come il famigerato reggimento (ucraino) Azov, dal 2014. Nel complesso, il reggimento Azov conta circa 3000 persone mentre il partito Svoboda (piattaforma che riunisce lo spettro dell’estrema destra ucraina) conta 15000 iscritti. L’Ucraina ha circa 44 milioni di abitanti. Nelle ultime elezioni parlamentari Svoboda ha preso il 2,15% dei voti su base nazionale. L’unico candidato entrato in parlamento è Oksana Savchuk, eletta al collegio 83 di Ivano-Frankivsk. Il partito dell’attuale presidente Zelensky ha preso il 43% dei voti ed ha 241 seggi alla Rada che è il parlamento.

Il momento di massimo appeal della destra estrema ucraina è stato nel 2014, durante la Rivoluzione della Dignità e sull’onda emotiva popolare della Crimea e del Donbass. Gli estremisti hanno giocato un ruolo chiave negli scontri a Kiev contro la polizia dell’ex presidente Yanucovich. Nelle elezioni del 2014, la destra estrema ucraina si presentò divisa e, cumulativamente, prese circa il 10% (volendo includere anche il Partito Radicale che però, su molte questioni, è più moderato degli ultranazionalisti). Quindi, in 5 anni, i nazisti ucraini hanno perso l’8% denazificandosi da soli! Questo perché salvo rarissime eccezioni, dall’operaio al tassista, dall’accademico al soldato, nessuno simpatizza e simpatizzava con la causa e le idee dell’estrema destra.

Tornando ai battaglioni di estrema destra, hanno combattuto al fronte macchiandosi di crimini IDENTICI a quelli delle unità paramilitari delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk perché purtroppo la guerra è atrocità sempre e comunque. Le accuse di crimini di guerra sono legittime contro il reggimento Azov come lo sono contro le milizie di neo-fasciste russe attive in Donbass. Il fascismo è uguale da tutti e due i lati del fronte.

La vera colpa di Poroshenko prima e Zelensky ora è stata quella di non essersi liberati del reggimento Azov e di non aver bandito del tutto le formazioni neo-fasciste e neo-naziste, probabilmente per usare la loro cieca esaltazione ideologica sul fonte. Altro errore di Kiev è stato quello di armare con le armi occidentali proprio il reggimento Azov, fattore che espone Zelensky a pesanti vulnerabilità d’immagine. Però loro sono in guerra e noi no, contro un Paese molto più grande, ricco e militarmente potente. La guerra è guerra.

Concludendo, continuare a confondere nazionalismo con estremismo di destra puro e semplice è sbagliato e fuorviante e non tiene conto del processo di costruzione dell’identità nazionale ucraina dopo 70 anni di sovietizzazione. In sintesi, accettare la tesi russa della denazificazione di Ucraina equivarrebbe ad accettare una invasione dell’Italia sulla base dei numeri, del supporto e del peso politico-istituzionale di movimenti come Casa Pound e Forza Nuova