La Memoria Tardiva

È difficile comprendere il razionale della tempistica delle dichiarazioni di Amato sulla strage di Ustica. Non si capisce quale serie di eventi abbia fatto scattare questa decisione che ho difficoltà a considerare un atto di buona volontà personale.
Nessuno ha mai escluso veramente questa ipotesi, tanto è vero che nonostante anni di indagini non si è mai giunti a una sorta di verità giudiziaria e la dinamica del disastro è rimasta soggetta alle più varie interpretazioni.
Non ho elementi per avvalorare o meno queste dichiarazioni di Amato. Persone più competenti e informate di me forniranno opinioni più autorevoli. Sarò felice se si arriverà a una conclusione della vicenda anche e soprattutto per il rispetto di vittime e congiunti.
Questo non mi impedisce di pensare che certe affermazioni potevano essere fatte molto prima, quando era il momento.
Non ho mai avuto stima di questo signore che mi è inviso per i suoi atteggiamenti politici subdoli. Questo passaggio non fa che confermarmi nella mia opinione.
E poi, una volta fatta una doverosa osservazione sulle tempistiche delle dichiarazioni di Amato sul disastro di Ustica, vengono spontanee delle domande:
Sulla base di quali evidenze si rilascia una dichiarazione così grave? Esistono documenti, testimonianze, registrazioni ignote a supporto della versione? E se esistono, sono coperte da segreto o sono circolabili? E se sono coperte da segreto, perché Amato viene meno alla consegna? E se sono circolabili, perché non sono state messe a disposizione subito delle autorità per dare prova definitiva dei fatti?
Oppure quello che riferisce Amato è un sentito dire, una confidenza di cui non può citare la fonte, un’ ipotesi di suo cugino, una sua visione extrasensoriale, un rivelazione dello Spirito Santo?
Perché in questo secondo caso, escluse evidenze e testimonianze, si tratterebbe dell’ennesima dichiarazione fatta per fini opinabili, la cui unica finalità sarà quella di creare ulteriore caos a beneficio di quei soggetti che sono così con l’acqua alla gola dal dover ricorrere a questi sistemi per boccaloni ben certi che troveranno ampio seguito nella generale deficienza di spirito critico di gente comune e commentatori.
Ora è tempo di chiarire tempistiche e fonti. Se no è solo una pagliacciata.

Garofani e Sabbia

craxi3

In questi giorni tutti stanno parlando di Craxi, dopo l’uscita del film dove il fu leader PSI è magistralmente interpretato da Francesco Favino, in maniera revisionista o addirittura in una sorta di amarcord “dei bei tempi” rispetto ai politici attuali. Prima di proseguire oltre premetto fin da subito che “quelli” di prima erano individualmente (sottolineo questa parola) Politici con la P maiuscola mentre “questi” di adesso poco più che imbonitori televisivi. Certo è un parallelismo che lascia il tempo che trova, un gioco da social o da discussione da bar, giacché se prendiamo per assioma questo concetto anche LVI ha fatto cose buone e i treni arrivavano in orario.
Tornando al periodo che ci interessa, ho fatto delle ricerche su quelli che erano “i bei tempi che furono”. Innanzitutto il rapporto tra debito pubblico e PIL in Italia era del 60% nel 1980 e aumenterà fino al 70% nel 1983 alla fine del governo Spadolini. Nel quadriennio successivo fino al 1987, ovverosia il tempo del governo Craxi, la differenza raggiunge il 92% e tocca addirittura il 118% nel 1992, anno dell’inizio della fine della prima repubblica ma soprattutto l’anno del crollo della lira e del rischio d’insolvenza dello Stato. In quel fatidico 1992, il tasso d’inflazione è al 6,9 per cento, il deficit di bilancio all’11%, il debito pubblico come detto, è al 118% del PIL. Potremmo fare un raffronto con l’oggi ma se questo è l’inferno quello non era il bengodi. ? Voglio riportare tre esempi a caso: la linea 3 della metro di Milano costò 192 miliardi di lire a chilometro, contro i 45 di quella di Amburgo; il passante ferroviario milanese 100 miliardi a chilometro in 12 anni di lavori, mentre quello di Zurigo costò 50 miliardi a chilometro e fu terminato in 7 anni;  l’ampliamento dello stadio di San Siro durarono più di 2 anni e costarono oltre 180 miliardi, mentre per lo stadio olimpico di Barcellona furono sufficenti 18 mesi, con un investimento che non superò i 45 miliardi. La corruzione di allora comportò per le imprese un sistema di accordi di cartello che azzerava il mercato e la libera concorrenza, dilatando i costi delle opere pubbliche mentre per i partiti si trattatava di un sistema di formazione del consenso che usava il denaro pubblico senza badare né all’utilità delle opere realizzate, né all’efficienza dei servizi prestati, né alla compatibilità con i conti dello Stato. Un sistema che finì con l’avvio di tangentopoli e il crollo della cosiddetta “prima repubblica”.

Parlando ancora di quegli anni è doveroso affrontare, con distaccata oggettività, lo sviluppo di tangentopoli e ciò che la vicenda comportò per l’intera classe politica. Si può distinguere tra finanziamento illecito e corruzione, ammettendo che nella Prima Repubblica i partiti si finanziavano in maniera illecita, ma non tutti i politici erano corrotti? Francamente risulta difficile. Proprio Craxi fu condannato in via definitiva, oltre che per finanziamento illecito (4 anni e 6 mesi per le tangenti della metropolitana milanese), anche per corruzione: 5 anni e 6 mesi per le mazzette Eni-Sai. Ma questi soldi (gira la cifra di 150 miliardi di lire) sono effettivamente finiti nelle casse del PSI? No, perché “non ve n’è traccia sui libri contabili del partito, in quanto i soldi erano nelle disposizioni di prestanome di Craxi nelle persone di Giallombardo, Tradati, Raggio, Vallado, Larini, Troielli, Ruju” (fascicolo della procura della repubblica di Milano adotta in tribunale)
La stessa cosa si può leggere tra le carte della sentenza All Iberian a proposito dei conti Constellation Financiere (banca Sbs di Chiasso) e Northern Holding (Claridien Bank di Ginevra): “La gestione di tali conti…non confluiva in quella amministrativa ordinaria del PSI, ma veniva trattata separatamente dall’imputato tramite suoi fiduciari…Significativamente Craxi non mise a disposizione del partito questi conti”.
Sono fatte ipotesi più disparate su dove siano finiti quei soldi: un appartamento a New York, una villa per il fratello Antonio, un hotel a Roma e una stazione televisiva per l’allora amante del leader socialista, Anja Pieroni….

Domande alle quali solo Craxi avrebbe potuto dare risposte se non fosse fuggito in Tunisia come un Luciano Gaucci qualsiasi.